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11/02/2006
Parrocchie di Ballabio
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«ALLA SCUOLA DEL MALATO»
Sabato 11 febbraio si celebra la Giornata mondiale del malato
Autore : di mons. Italo Monticelli responsabile Pastorale della sanità

L’11 febbraio, memoria liturgica della Beata Vergine di Lourdes, si terrà la 14esima Giornata Mondiale del Malato. A livello internazionale tutte le cerimonie della Giornata si svolgeranno ad Adelaide, in Australia. Papa Benedetto XVI ha scritto, per l’occasione, un messaggio invitandoci a soffermarci per riflettere sulla situazione dei malati di mente e per sollecitare l’impegno delle Comunità ecclesiali a testimoniare loro la tenera misericordia del Signore.

Per la stessa occasione l’ufficio nazionale Cei per la pastorale della salute ha fissato questo tema “Alla scuola del malato”. Tenendo presente il messaggio del Papa e il tema dell’episcopato italiano, si può fare una profonda e proficua considerazione sulla sofferenza dei malati, specie dei malati di mente. Il primo e logico impegno dei cristiani è quello di prendersi cura di ogni fratello e sorella malata, ispirandosi a ideali e principi umani ed evangelici e imitando Gesù Cristo, medico del corpo e delle anime.

Per loro non devono mancare, per nessuna ragione, le cure necessarie a guarirli, mettendo a disposizione tutte le risorse umane e finanziarie possibili. Così dice il Papa: «Si avverte la necessità di meglio integrare il binomio terapia appropriata e sensibilità nuova» non dimenticando l’opportunità di «esprimere solidarietà alle famiglie che hanno a carico persone malate di mente». Però non si deve dimenticare che i malati possono essere essi stessi dei buoni maestri nella società.

Già la lettera apostolica Christifideles laici di Giovanni Paolo II parlando della necessità di rinnovare l’azione pastorale delle comunità cristiane in favore dei malati, affermava che occorre considerare il malato «non semplicemente come termine dell’amore e del servizio della Chiesa, bensì come soggetto attivo e responsabile dell’opera di evangelizzazione e di salvezza». Quindi, in parole semplici, anche il malato può diventare un buon insegnante. Che cosa il malato ci può insegnare? Ci ricorda che ogni dolore, unito a quello di Cristo, può diventare meritorio e facilitare la partecipazione all’efficacia della salvezza operata da Cristo.

I noltre il malato ci aiuta a scoprire il valore delle realtà essenziali della vita e il limite, la provvisorietà della stessa vita umana; come pure ci facilita la comprensione, alla luce della fede, del senso della sofferenza, che, pur conservando i tratti della drammaticità dell’assurdità, può assumere un significato che va oltre la semplice valorizzazione umana. L’aspetto di insegnamento del malato nei nostri confronti veniva espressa molto bene dal cardinal Martini in un incontro con i volontari dei disabili di alcuni anni fa.

«I malati e tutti i sofferenti possono diventare soggetto attivo di comunicazione in vista di una società più degna. Il malato, il sofferente, chiunque è debole e trascurato, se viene cordialmente aiutato, può diventare per tutte le società un richiamo potentissimo, che riesce ad esprimere dal proprio cuore e dal cuore di chi è solidale con lui, sentimenti ignorati e attesi, quali, il coraggio, la speranza, la non rassegnata sopportazione, la fraterna dipendenza reciproca, il senso del limite, l’attesa operosa di un mondo nuovo creato dall’amore di Dio».

Tenendo presente tutto questo è bene che ogni comunità cristiana sia sempre più attenta al mondo della salute e della malattia per riconoscerlo come terreno privilegiato di evangelizzazione. La pastorale della salute richiede testimoni che non siano condizionati dalla frettolosità, dall’individualismo dall’approccio devozionale o dal facile richiamo alla rassegnazione, ma capaci di instaurare dialoghi aperti e sananti. Va rivalutata la missione dei cristiani che si prendano cura dei sofferenti, e li aiutano a non sentirsi mai soli e in condizione di inutilità. E’ anche, questo, un modo per rendere concreto il comandamento dell’amore, che Gesù Cristo ha lasciato come il distintivo più bello dei suoi seguaci.


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